2 novembre 1917.
Tre anni prima l'UK ha dichiarato guerra all'Impero Ottomano all'interno della Prima Guerra Mondiale.
Per vincere c'è bisogno di tutto e tutti: soldi, alleati e l'appoggio delle comunità nazionaliste.
Da qui nasce la Balfour Declaration.
Vediamo cosa è.
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L'idea di una patria per la comunità ebraica mondiale è il presupposto su cui nasce il Sionismo politico nel 1897 col Programma di Basilea:
«Il sionismo si sforza di creare per il popolo ebraico una dimora protetta dal diritto pubblico in Palestina.»
Vediamo come nel testo tedesco si usi, molto prudentemente, Heimstätte, casa, dimora, e non il politicamente molto più forte Heimat, cioè patria in senso pieno.
Vedremo come questo particolare sia di grande importanza nel prosieguo della vicenda.
In ogni caso si inizia a parlare di un luogo dove la comunità ebraica si possa stabilire.
Il padre del futuro primo ministro Neville Chamberlain, Joseph, allora Ministro per le Colonie, propone ai sionisti nel 1903 di colonizzare l'Uganda.
Quanto sia reale vicinanza alla alla causa sionista è discutibile.
I sionisti, dopo lunghe discussioni e pure un sopralluogo sul posto, decidono di rifiutare l'offerta.
Intanto sono sempre più organizzati e, anche se ancora minoranza nella comunità ebraica, sono stati riconosciuti dalla politica UK.
Fatte le necessarie premesse, senza le quali non si capisce da dove appare la Zionist Federation of Great Britain and Ireland (ancora esistente) che, durante la WWI, da una parte fa lobbying presso il governo, dall'altro viene sfruttata dallo stesso, facciamo un salto avanti.
Perché scriviamo che i sionisti vengono "sfruttati" dal governo UK?
Perché vale la premessa iniziale.
Si è in guerra. Il governo UK vuole avere l'appoggio di tutto e tutti.
E paradossalmente entra in gioco proprio il mito antisemita di una "Internazionale Giudaica" potentissima.
Vero è che i sionisti hanno l'appoggio di un banchiere importante come Walter Rothschild, da poco a capo della branca inglese della famiglia (mentre il padre era MOLTO tiepido nei confronti del sionismo).
Vero che sono molto diffusi in Russia e anche in Germania, ma soprattutto hanno alcuni dei loro membri nell'amministrazione USA del presidente Wilson.
Certamente però non hanno tutta questa incredibile influenza che il governo UK suppone, nemmeno sulla stessa comunità ebraica mondiale.
«Non penso che sia possibile esagerare il potere internazionale degli ebrei.» scrive un importante funzionario del governo inglese.
Ecco così che si studia una dichiarazione pubblica che raccolga l'appoggio di questo "potere internazionale" alle sorti belliche dell'Impero.
È la Dichiarazione Balfour, dal nome del Ministro degli Esteri britannico del tempo.
Una lettera scritta e riscritta in varie bozze, con attenzione ad ogni parola, perché nessuna parola possa essere ben chiara e facilmente comprensibile.
Leggiamola assieme.
«Foreign Office
2 novembre 1917
Egregio Lord Rothschild,
È mio piacere fornirle, in nome del governo di Sua Maestà, la seguente dichiarazione di simpatia per le aspirazioni dell'ebraismo sionista che è stata presentata, e approvata, dal governo.
"Il governo di Sua Maestà vede con favore la costituzione in Palestina di una dimora nazionale per il popolo ebraico, e si adopererà per facilitare il raggiungimento di questo scopo, essendo chiaro che nulla deve essere fatto che pregiudichi i diritti civili e religiosi delle comunità non ebraiche della Palestina, né i diritti e lo status politico degli ebrei nelle altre nazioni".
Le sarò grato se vorrà portare questa dichiarazione a conoscenza della federazione sionista.
Con sinceri saluti
Arthur James Balfour»
Ci sono tre punti nel testo che, abbiate pazienza lo so, vanno spiegati per bene perché fanno capire bene l'intento, principalmente propagandistico, del testo.
Il primo è che si parla di national home , si è aggiunto l'aggettivo nazionale rispetto al Programma di Basilea.
Non è un particolare da poco, perché anche se non esiste alcun riferimento nel diritto internazionale ad una "national home", lascia presupporre una nazione, cioè uno stato.
Allo stesso tempo però, infida finezza, si scrive IN Palestina, non SULLA Palestina nel suo complesso.
Il secondo punto è una clausola che non pregiudichi i diritti dei non ebrei, che però vengono denominati così perché per i politici UK allora non c'è una nazione nella Palestina ottomana, ma un coacervo di popoli e religioni, il classico melting-pot mediorientale.
Quindi alla fine la "dignità" di popolo nazionale viene attribuita solo agli ebrei, pure quelli che arriveranno negli anni a venire che non hanno mai visto nemmeno di sfuggita prima la Palestina.
Sui motivi per questa dizione ci si scorna da decenni in storiografia.
Per supporre qualche ragione dobbiamo fare una deviazione per capire anche quanto la politica per il Medioriente britannica sia in quel momento (ma anche dopo) duplice, triplice, fino alla contraddittorietà.
Avete mai visto il film Lawrence d'Arabia?
Bel film, bravi attori, ma pur nella sceneggiatura romanzata potete cogliere qualcosa.
Nel marzo 1916 l'Arab Office convince lo Sharif della Mecca, terza carica religioso-politica dell'Impero Ottomano, a tradire in cambio dell'indipendenza del popolo arabo dal Sultano.
C'è tutta una corrispondenza fra l'ambasciatore inglese in Egitto McMahon e lo Sharif Hussein bin Ali che prova le promesse di più completa e ampia indipendenza degli Arabi dall'Hejaz fino ad Iraq e Siria.
Promesse che nel mentre gli inglesi stanno già rimangiandosi accordandosi con i francesi sulla spartizione dei possedimenti mediorientali dell'Impero Ottomano: il patto segreto Sykes-Picot che sarà svelato dai rivoluzionari russi nel 1917.
Come rivela Sykes «Vorrei tracciare una linea dalla ‘a’ di Acri fino all’ultima ‘k’ di Kirkuk»

La Palestina è il boccone più "ghiotto" e i francesi vorrebbero renderla un mandato congiunto, non solo inglese.
Ecco che avere un "popolo nazionale" al suo interno, connesso con gli USA di Wilson, e pure grato all'UK così da far la guardia al vicino Suez come confessa .candidamente il primo ministro UK Lloyd George, è utile per riuscire diplomaticamente a tenersela tutta per sé.
Negli anni successivi alla guerra ovviamente tutti questi doppi giochi produrranno nefasti effetti, creando instabilità e problemi nella regione.
Lo Sharif Hussein, sentendosi tradito, si rifiuta di firmare qualsiasi trattato, nonostante l'offerta di cospicue rendite dagli inglesi che hanno anche fatto i suoi figli sovrani, uno di Transgiordania (l'attuale Giordania, dove regna ancora un erede) e l'altro dell'Iraq.
Alla fine, stufi di questo vecchio testardo, gli inglesi appoggiano il suo nemico di sempre, l'eretico wahabita Abdulaziz ibn Saud emiro del Najd, l'area centrale della penisola arabica, che nel 1925 conquista La Mecca e incoronato emiro anche dell'Hejaz fonda lo stato saudita.
Ma agli stessi sionisti le cose non vanno come si immaginavano.
Il mandato per l'amministrazione della Palestina a cui gli inglesi si obbligano è anche più favorevole ai sionisti che la dichiarazione Balfour, ma è basato sulle sue stesse contraddizioni.
Le rivolte sono all'ordine del giorno e in fondo Londra vuole comandare lei in Palestina, mica far comandare gli ebrei.
Nel 1936, dopo uno sciopero generale di sei mesi, scoppia una rivolta araba che dura quasi tre anni e che coinvolge anche direttamente i coloni ebraici.
Nonostante rapporti su rapporti, commissioni su commissioni l'UK ha rinunciato per anni a prendere delle vere decisioni.
Repressa la rivolta, rimangono i problemi, e si cerca stavolta di cambiare posizione, ritirando i già annunciati propositi di partizione della Palestina.
Come finirà anche la nuova soluzione, adottata in fretta e furia con la guerra alle porte, di mantenere un unico stato con due popolazioni separate, lo sappiamo purtroppo bene da quello che succederà nel 1948.
È un'altra storia che oggi non narreremo (sennò facciamo notte).
Nel mentre della dichiarazione Balfour è rimasto da spiegare il terzo e ultimo punto, cioè la salvaguardia de "i diritti e lo status politico degli ebrei nelle altre nazioni".
Questa clausola è inserita sotto pressione degli ebrei antisionisti che vogliono avere la garanzia che la nascita di una patria ebraica non dia occasione agli stati di toglierli la cittadinanza, spesso faticosamente acquistata, e farli espellerli come stranieri.
Ovviamente, come tutta la dichiarazione, è un whisful thinking, ma quanto è preveggente questa posizione lo si scopre proprio dopo la guerra, quando gli ebrei saranno accusati nelle nazioni sconfitte, e in particolare in Germania, di aver tradito la loro vera patria aderendo alle lusinghe inglesi: una parte del mito della pugnalata alla schiena.
Questo potente argomento antisemita è ad esempio esposto in forma completa nel libro del 1922 da Alfred Rosenberg nel suo libro Der staatsfeindliche Zionismus ("Sionismo, il Nemico dello Stato") e, assieme all'analogo argomento contro i bolscevichi, formerà parte della base ideologica del nazismo.