Giorgio Conforto: la spia che venne dal Tevere
Roma, 29 maggio 1979
La polizia arresta i brigatisti rossi Adriana Faranda e Valerio Morucci a casa di Giuliana Conforto.
Assieme a loro in casa c'è l'anziano padre di Giuliana, Giorgio, che non è un pensionato qualunque.
È una delle più importanti spie del KGB in Italia.
Giorgio Conforto nasce a Roma nel 1908 in via Tasso, una delle tante coincidenze ed assonanze che troveremo nella sua vita, da una coppia di maestri elementari di fede socialista, ma imparentati con alcune famiglie della “Roma bene”, in particolare da parte di madre con i Pierboni.
Dopo il diploma classico, una laurea in giurisprudenza, con una tesi sul diritto penale sovietico, oltre ad ulteriori studi per perfezionare il russo, lo portano a lavorare nel 1931 per la Petrolea, una società mista di carburanti italo-sovietica.
Ma Conforto, oltre che appassionarsi al russo, si è anche appassionato al comunismo ed è già entrato nel PCI clandestino, nella cellula allora nascosta nel Club Alpino Italiano di Milano. Nel 1932 inizia a lavorare presso la delegazione commerciale dell’URSS a Milano, dove viene arruolato nel KGB dal capo delegazione, Michail Leverson.
Nel 1932 iniziano anche le sue disavventure giudiziarie. Viene arrestato per due volte per attività sovversiva, ma subito rilasciato, l’ultima volta perché ha dimostrato di «essere divenuto, dopo il licenziamento dalla missione commerciale russa, anticomunista».
In realtà è intervenuto suo cugino, Piero Pierboni, personaggio legato al regime che riesce ad interessare della sorte di Conforto lo stesso capo della Polizia Bocchini. E qui la figura di Conforto inizia a diventare, se possibile, ancora più “sfuggente”.
Infatti non ottiene solo la libertà, bensì anche un posto al Ministero dell’Agricoltura. Riarrestato nel 1934, perché sospettato di avere intrattenuto rapporti con dirigenti comunisti, anche questa volta viene non solo liberato, grazie ad una supplica indirizzata direttamente al Duce, ma addirittura riassunto al Ministero.
Secondo gli archivi del KGB l’agente Dario, il suo nome in codice, inizia proprio allora la sua attività di reclutamento di sub-agenti, in particolare dattilografe del Ministero degli Esteri, che possono passargli documenti riservati.
Ma questa è una storia di spie come si deve e e gli archivi dell’OVRA, la polizia politica fascista, ci dicono che lo stanno tenendo sotto osservazione e viene pure convocato per chiedergli conto delle sue frequentazioni con fuoriusciti russi in Italia.
A conferma dell’ipotesi che Conforto stia facendo il doppio gioco, nel 1940 viene assegnato, nonostante i suoi precedenti “sovversivi”, all'Ufficio informazioni segrete del Ministero degli Affari Esteri, per conto del quale deve intrattenere rapporti con vari membri dell'emigrazione russa in Italia.
Che sia un agente del KGB che lavori per l’OVRA o viceversa la guerra pone Conforto in una situazione difficile. Nell’ambito dello smantellamento di una rete spionistica sovietica annidata nell’ambasciata tedesca a Roma, viene arrestato di nuovo e inviato prigioniero dapprima a Regina Coeli, poi in Germania.
Anche la sua liberazione a fine guerra avviene in circostanze strane.
Una SS lo consegna ai sovietici, che nel frattempo sono arrivati a Berlino.
Tornato in Italia il suo nome risulta nella lista dei possibili agenti da contattare che il funzionario dell’OVRA Federico Umberto D'Amato consegna all’agente dell’OSS USA James Angleton.
Non si sa se venga reclutato dagli americani, si sa invece che, tornato al suo lavoro al Ministero dell’Agricoltura, nonostante la sua attività sia oramai conosciuta, continua lui a reclutare segretarie e dattilografe presso il Ministero degli Esteri e a trasmettere documenti riservati ai sovietici.
Nel mentre milita politicamente nelle fila non del PCI ma del PSI, perché il KGB non vuole che le sue spie facciano parte di partiti comunisti.
Fare la spia non gli impedisce di avere famiglia, si sposa con una delle sue sub-agenti da cui avrà poi la figlia Giuliana, a sua volta poi militante nell’estremismo comunista nelle fila di Potere Operaio.
Nel 1968 va in pensione dal Ministero e rallenta la sua attività spionistica.
Nel 1975 a lui e alla moglie, a detta del disertore del KGB Mitrokhin, viene assegnato l’Ordine della Stella Rossa.
E si torna quindi al 1979, l’arresto dei brigatisti a casa della figlia, la Digos che l’arresta poi la rilascia, nonostante le armi rinvenute in una stanza, le mille illazioni che sia stato il padre ad avvertire la polizia.
Magari per conto dei servizi italiani.
O magari proprio come ultima missione per il KGB, si ritirerà proprio quell’anno, aveva il compito di preparare una trappola per i brigatisti che, come si sa (e chi non lo sapeva, ora lo sa), non erano eufemisticamente visti di buon occhio dai sovietici.
Nella deposizione resa il 27 aprile 2016 alla Commissione Moro il maresciallo di Polizia in pensione Antonio Mainardi nega sia stato Giorgio Conforto a fare la soffiata che Morucci e la Faranda si rifugiavano da sua figlia Giuliana, che si professò inconsapevole delle loro identità: l’informazione decisiva proveniva da altre fonti.
Alla fine la figura di Conforto, nel suo evidente doppio o triplo gioco, rimane un affascinante esempio di spia della Guerra Fredda.
Per sua figlia era un idealista.
Probabilmente è vero.
Rimane ancora da scoprire per quale ideale.
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